STRADA DEGLI EROI - MONTE PASUBIO
Luogo di partenza: | Vallarsa - Pian delle Fugazze (TN) |
---|---|
Luogo di arrivo: | Vallarsa - Pian delle Fugazze (TN) |
Lunghezza: | km. 32 |
Dislivello: | 1.850 m |
Difficoltà: | OC (richiesta ottima capacità tecnica) |
Ciclabilità: | 100% |
Impegno fisico: | |
Periodo: | primavera inoltrata, estate, autunno |
Acqua lungo il percorso: | al Rifugio Papa |
Cartina: | KOMPASS N° 101 - Rovereto / Monte Pasubio |
Pubblicato: | giugno 2011 |
Riverificato: | |
MTB consigliata: | Front - Full suspension - E-bike |
Ricarica e-bike: | Passo Pian delle Fugazze |
Scarica la traccia del percorso cliccando su GPX |
Descrizione percorso
Prima di iniziare il racconto di una pedalata lungo questa strada che ha segnato un periodo eroico della nostra storia, voglio fare due piccoli precisazioni.
Il primo, legato alla storia di queste zone.
La zona, dal 1922 è stata dichiarata monumentale "a consacrazione nei secoli della gratitudine della Patria verso i figli che per la sua grandezza vi combatterono epiche lotte". È delimitata da 30 cippi che ricordano i reparti che maggiormente si distinsero negli accaniti combattimenti e comprende il Dente Italiano, la Cima Palon e la vetta immediatamente a sud della cima Palon.
Le strade di accesso al Pasubio sono due:
- La strada degli Eroi che dal Pian delle Fugazze - galleria d'Havet al rifugio Gen. Papa, sbocca alle Porte del Pasubio (1.918 slm). Nel tratto a monte sono state collocate le lapidi ricordo dei 15 decorati di Medaglia d'Oro, della zona circostante, tra cui quelle dei trentini Cesare Battisti, Damiano Chiesa e Fabio Filzi;
- La strada degli Scarubbi che dal Ponte Verde, per Colle Xomo, Bocchetta di Campiglia, si inerpica sino alle porte del Pasubio, ricollegandosi alla strada degli Eroi.
La più famosa via d'accesso al Pasubio è stata costruita nel corso della Prima guerra mondiale e rappresenta una delle maggiori opere belliche di tutto il conflitto, che non ha probabilmente pari in nessun luogo. Si tratta della strada delle 52 gallerie, una mulattiera che permetteva all'esercito italiano il collegamento fra la base del monte e la zona alta al riparo dal tiro nemico (la già attiva strada degli Scarubbi era invece sotto il fuoco austriaco) e in ogni stagione dell'anno.
Un'altra considerevole opera bellica del Pasubio è costituita dal sistema sotterraneo dei due Denti. Si tratta di due speroni rocciosi che superano di poco i 2200 metri, sul crinale principale, posti l'uno di fronte all'altro, divisi da una selletta. Dopo le prime fasi del conflitto il dente meridionale (Dente Italiano) fu fortificato dagli italiani e quello settentrionale dagli austriaci, (Dente Austriaco) da cui i loro nomi. Si tratta di vere e proprie fortezze naturali, in cui furono scavati ricoveri, postazioni d'artiglieria e feritoie.
In particolare nella seconda fase del conflitto, in corrispondenza dell'inverno 1917-18, furono teatro di una guerra parallela denominata “guerra sotterranea” o "guerra delle mine", in quanto da ambo le parti vi era il progetto di arrivare a far saltare con l'esplosivo le postazioni nemiche. Così ancor oggi è possibile individuare le gallerie austriache, con la Ellison che costituisce il tratto principale in direzione del Dente Italiano. Mentre quelle austro-ungariche seguivano un certo progetto iniziale, le gallerie italiane sono contorte e intricate, dovuto evidentemente al fatto che furono scavate come gallerie di contromina, per porre rimedio ai tentativi nemici di far saltare il Dente.
Il Dente Italiano è inoltre collegato dalla Galleria Papa alla retrostante Cima Palon, il cui accesso è ben segnalato appena sotto il punto più alto del Pasubio.
La guerra di mine fu caratterizzata da numerosi scoppi e alterne vicende fino alla grande mina austriaca del 13 marzo 1918, quando 50mila chilogrammi di esplosivo squarciarono l'avamposto del Dente Italiano, senza peraltro produrre gli effetti desiderati quanto a perdite del nemico, poiché era previsto per poche ore dopo lo scoppio di una mina italiana, tanto che il presidio al Dente era ridotto al minimo.
Oltre alle numerose opere belliche secondarie che si possono trovare in numerose parti del Pasubio, dai ricoveri alle trincee, vi sono altre tre costruzioni successive al conflitto ma direttamente collegate ad esso.
Si tratta dell'arco “Di qui non si passa”, un arco romano costruito fra le due guerre poco distante dalla prima linea, vicino alla Sella del Comando, in corrispondenza di un cimitero di guerra di cui si possono vedere bene le tracce tuttora.
Proprio sulla Sella del Comando è stata edificata una chiesetta dedicata a Santa Maria, voluta dai reduci, dove si celebra regolarmente messa nel periodo estivo. Appena fuori dalla chiesa si trova la tomba del generale Vittorio Emanuele Rossi (comandata del Battaglione Monte Berico), reduce del Pasubio che volle tornare lassù una volta morto, con i suoi soldati.
La terza, più famosa, opera è l'Ossario del Pasubio, costruito poco lontano dal Pian delle Fugazze nel primo dopoguerra e che rientra, con quelli del Grappa, di Asiago e di Tonezza, nel simbolo della provincia di Vicenza. Contiene le spoglie di circa 13.000 caduti di ambo le parti e anche quelle del generale Guglielmo Pecori Giraldi, comandante delle truppe del Pasubio, che volle essere lì tumulato.
Il secondo preambolo è legato ai tempi moderni, in particolare sull'evento dei social network (rete sociale) o meglio socializzare con la rete.
Quando vedevo mio figlio che accendeva il computer per guardare facebook (il più conosciuto social network in italia), mi domandavo a cosa servisse, visto che di socializzazione non ne trovavo, ma poi ho voluto provare di persona partecipando a questo evento mediatico.
Con chi e per cosa avrei potuto socializzare, con altre persone che condividono la mia stessa passione, la mountainbike, e quindi inizia il tam tam, segnato dalle richieste di amicizia, amicizia è una grossa parola, ma è di comune utilizzo nei social network.
Ma è anche grazie a facebook che alla pedalata sul Monte Pasubio ci siamo ritrovati in quaranta. Ecco allora un bel esempio di socializzazione. Mi sono sentito dire che io ero amico di alcune di queste persone, ma in realtà era la prima volta che le incontravo, meno male, pensare di avere amici da tutt'altra parte e non averli mai visti, mi turbava.
Racconto di una pedalata
Dunque grazie ad un social network, e alla mia curiosità di frugare nella rete in cerca di nuove emozioni, è iniziata l'organizzazione di una pedalata che ha avuto come culmine i territori della Grande Guerra sul Monte Pasubio.
E' sabato 18 giugno quando la sveglia suona, alle 5,30 e segnala l'inizio di una giornata da coronare.
Tutto l'occorrente è già pronto dalla sera prima, zaino con indumenti di ricambio, prodotti per l'alimentazione del ciclista, liquidi idrosalini, apparato gps con batteria carica e la fedele macchina fotografica che deve immortalare attimi che poi potrò mostrare con orgoglio agli amici di face book e a tante altre persone che vorranno capire cosa passa nella testa di un biker.
Una rapida lavata e indossato l'abbigliamento adatto per l'occasione, scendo nel box a preparare l'autoveicolo, posiziono sul portabici la bike e mi dirigo verso il primo punto di ritrovo.
Non passano 2 minuti ed arrivano gli altri componenti del gruppo che condivideranno con me la pedalata, tutti pronti, tutti pieni di energia.
Si parte, destinazione casello autostrada A4 con direzione Venezia, fino all'autogrill di Rovato, perché è lì che è fissato il secondo punto di ritrovo con alcuni altri partecipanti, che puntuali alle 7,00 arrivano con le bike montate sul tetto.
Un saluto, e via, la destinazione è il Pian delle Fugazze, li dovremo incontrare la nostra guida Ivan, un ragazzo che vive in quei luoghi e che la Strada degli Eroi la percorsa più di una volta, che ho conosciuto in rete, su Mtb-Forum, dove aveva lasciato dei commenti sui sentieri del Monte Pasubio.
Ore 9,00 , con mezz'ora d'anticipo giungiamo al Pian delle Fugazze, Ivan è già lì ad aspettarci, pronto ed atrezzato per accompagnarci.
Ma mentre ci si saluta e ci si presenta, iniziano ad arrivare nel parcheggio altri veicoli carichi di bike, scendono dalle auto in 2, 3 o 4, pronti per pedalare, e nel giro di mezz'ora il numero dei partecipanti aumenta fino ad arrivare a 40.
Quaranta, mamma mia quanti! Ma lo spirito che contraddistingue chi fa della mtb uno sport, è fantastico, sembra che tutti si conoscono da tempo.
Sorpresa nella sorpresa, nel gruppo si contano ben 3 signore, cosa rara in uno sport fatto di fatica, ma a loro sono arrivati tantissimi complimenti a fine pedalata.
A questo punto non ci resta che fare un piccolo breefing, siamo in tanti e dobbiamo trovare il modo di mantenere il gruppo più compatto possibile, perché è questo lo scopo della pedalata, pedalare tutti insieme, conoscerci, scambiarci impressioni e condividere l'evento.
Dal breefing ne è uscito che durante la pedalata Ivan (la guida) si mette a disposizione per farci anche da cicerone.
Ma cosa molto più importante, il comune accordo fra tutti i biker, in segno di rispetto, di transitare nell'ultimo pezzo di sentiero in perfetto silenzio, proposta che ha avuto il consenso unanima da parte di tutto il gruppo.
1, 2 e 3 si parte, il gruppo si pone in fila indiana ed inizia a salire lungo la "Strada degli Eroi".
Pedalata dopo pedalata, il lungo serpentone si stende, per 13 kilometri, lungo una strada sterrata bianca, con larghezza che permette il passaggio di una jep, con il sole che ci accompagna, quel sole che fino alla sera precedente, nessuno avrebbe pensato di trovare, regalandoci panorami fantastici sui monti che andremo a cavalcare.
Al mio fianco si alternano diversi biker, i meno veloci del gruppo con una pedalata costante, e quelli che decidono di fermarsi per fotografare paesaggi e compagni.
Tutti con lo stesso sorriso sul volto, il sorriso che contraddistingue la gioia di condividere tante emozioni.
E le emozioni si susseguono, al termine del primo tratto in salita, quello che ci ha condotto alla Galleria Generale d'Havet, dove il panorama sul tracciato che abbiamo appena percorso, intagliato nella montagna, lascia stupefatti quanti non avrebbero pensato di riuscire a giungere fin lì.
Qui è sato fissato il punto di ricongiungimento del gruppo, per permettere a tutti di riprendere fiato, alimentarsi e di attendere anche gli ultimi della fila.
E qui ha inizio la seconda parte della salita, quella che attraversa la "Zona Sacra".
Appena oltrepassata la galleria, tutto ha cambiato aspetto, ad attenderci vento, freddo e neve.
La temperatura non superava i 5 gradii, il vento fischiava spostando le nuvole creando un paesaggio suggestivo, quasi come a farci capire che lì parecchi anni prima ci sia stato l'inferno.
E in perfetto silenzio come ci siamo raccomandati, siamo proseguiti lungo il sentiero che ad ogni kilometro scandiva con lapidi fissate alla parete rocciosa, i nomi di tanti soldati morti, pedalando nella nebbia che non ci permetteva di vedere ad una distanza di 5 metri, offuscando la visione sulla valle, ma anche i pericoli dati dagli strapiombi non protetti lungo il lato destro del sentiero.
Tre kilometri, ed ecco apparire una bandiera che ci comunica che siamo in prossimità del Rifugio Papa, ma prima ancora un cartello indica che quella che stiamo percorrendo è anche un sentiero europeo che collega il Lago di Costanza con Il mare Adriatico.
Meno male che ci sono altri passaggi per poter raggiungere queste località, a piedi oltrepassando i monti, sarebbe veramente un'avventura che richiederebbe parecchi mesi.
Poi senza quasi nemmeno accorgersene, appena oltrepassate le bandiere curvando a sinistra ci si trova sullo stesso lato il rifugio.
Meta di parecchi escursionisti, a piedi o in mtb, punto di arrivo della famosissima strada delle 52 gallerie, ma punto di partenza per raggiungere il campo di battaglia.
Il bar del rifugio non è ampio, e i 40 biker arrivati, in cerca di una bibita calda e del tepore di un camino per riscaldarsi l'hanno riempito, con lo stupore del personale di servizio.
Ma non può finire qui, qui torniamo dopo a pranzare, ora si deve continuare fino a raggiungere la zona delle battaglie, fin lì siamo andati per vedere e capire quello che abbiamo letto da piccoli sui libri di storia.
Continua la pedalata avvolti dalla nebbia, e mentre si sale, fanno capolino dalle nuvole i monumenti che segnano il passaggio del tempo.
Arrivare fino qua avvolti dalla nebbia, in un luogo che porta ancora i segni di tanta sofferenza, lascia senza parola il visitatore.
Tanto tempo è passato, ma in questo luogo vive un rispetto quasi palpabile, chi nei decenni è passato, ha voluto lasciare intatta la zona, si possono vedere accatastati e trovare ancora cimeli di quelle battaglie.
E qui, ci sono i resti di chi, sopravvissuto alla guerra, ha voluto farsi sepellire dopo la sua morte, dove anni prima i suoi compagni anno sacrificato la vita.
Una cappella e tante lapidi ricondano i morti...
Non bastano le immagini per descrivere cosa si prova a raggiungere questi luoghi, le parole non bastano, solo toccare con i propri piedi e vedere con i propri occhi si riesce a comprendere.
Tutto è rimasto come è stato lasiato dopo le battaglie, il tempo non riesce a cancellare i ricordi scolpiti nella roccia, le trincee, i camminamenti.
Quante volte abbiamo sentito ripetere la frase "Onore ai Caduti" fin dal tempo delle scuole medie, ricordo che i professori ci insegnavano che il 4 novembre, così come il 25 aprile, sono date da non dimenticare, e il 4 novembre ed il 25 aprile, arrivano tutti gli anni... non dimentichiamolo.
Ora ho 50 anni, mi ritornano in mente i racconti di mio nonno, quando mi diceva della guerra, del nemico che vedevi davanti agli occhi, che non potevi dormire altrimenti non ti svegliavi più, del freddo, della fame, delle scarpe rotte, ma bisognava stare lì e non mollare mai.
(Mi sono lasciato prendere dall'emozione dei ricordi, scusate).
Brrrrrr che freddo, meglio tornare al rifugio a riscaldarsi e riempire lo stomaco con qualche prelibatezza del posto.
Caspita fuori dal rifugio si contano quasi un centinaio di bike, e dentro non c'è posto per nessuno, i tavoli sono tutti occupati ma attendiamo che qualche buon anima si alzi per lasciarci il posto.
Mi accorgo che siamo gli ultimi, gli altri del gruppo hanno già mangiato ed alcuni vista l'impossibilità di fermarsi all'interno del rifugio al caldo, mentre fuori le temperature sono quasi invernali, dopo essersi ben coperti, decidono di salutarci e prendere la strada del rientro al Pian delle Fugazze.
Arriva il ragazzo e ci elenca cosa c'è nel menù: pasta, minestra, salamelle oppure goulash.
6 goulash e 2 minestroni, 3 piatti di formaggio, vino, acqua, birra e caffè corretto con grappa.
Ma di tempo ce nè poco, consumiamo il tutto rapidamente, come rapidamente ci hanno portato quanto richiesto, un servizio ecellente.
Ci copriamo per bene, e ci prepariamo per la discesa lungo la strada degli Scarrubi, sperando che più sotto le temperature tornino ad un livello acettabile.
Una discesa di 16 chilometri che ci porterà dai 2000 metri della partenza a 900 metri nel Comune di Posina.
Proseguiamo sempre lungo l'unica strada sterrata che conduce a valle, fino a giungere sulla strada statale 46 che percorriamo per circa 1,5 km e questo è l'unico tratto che la nostra guida Ivan ci ha fatto percorrere su bitume, per questo merita un plauso.
Poi imbocchiamo un sentiero che per circa 3 chilometri, lo percorriamo in direzione Ossario del Pasubio, ci svincoliamo fra le piantagioni di ortiche che causa le abbondanti piogge, hanno proliferato.
L'ultimo strappo di una faticosa pedalata, ma vuoi per la stanchezza, vuoi per il dislivello accentuato di questo tratto, a detta di tutti è risultato il punto più duro della giornata.
Concludiamo la nostra pedalata nella storia, con la visita all'Ossario, leggendo i tanti nomi che sono scritti sulle lapidi, cercando fra quei nomi uno che potrebbe essere come il nostro, contando quanti siano, ma risulta impossibile.
Il parcheggio delle auto, è ad una distanza di 2 chilometri dall'Ossario, lo raggiungiamo in bike, è tardo pomeriggio, riposizioniamo le bike sui tetti delle auto, ci salutiamo seduti al tavolo del rifugio, bevendo una birra fra i componenti della missione rimasti, scambiandoci informazioni, saluti e ripromesse di ricontattarci con facebook per ripedalare altri sentieri insieme.
STRADA DEGLI EROI - MONTE PASUBIO (Variante)
Dal Rifugio Papa al Rifugio Lancia
Luogo di partenza: Posina (Vi) - Rifugio Papa
Luogo di arrivo: Posina (Vi) - Rifugio Papa
Lunghezza: km. 7,5
Dislivello: 207 mt
Difficoltà: OC (per cicloescursionisti con ottime capacità tecniche)
Ciclabilità: 90%
Periodo: primavera inoltrata - estate
Acqua lungo il percorso: scarsa
Cartina: KOMPASS N° 101 - Rovereto / Monte Pasubio